Con: GIUSEPPE MANFRIDI
Testo e regia di GIUSEPPE MANFRIDI
In uno spettacolo concepito all’insegna del “divertissement” verbale del “calambour” e di azzardati funambolismi metrici, ci si propone di elaborare un viaggio nelle pieghe del linguaggio e della parola per sondare le infinite possibili magie, le ambiguità sulfuree e i mille giochi alchemici che se ne possono cavare. Sonetti monoconsonantici, strofe elaborate con due sole lettere, palindromi di estensione innaturale, inversioni di senso e fulminanti atti unici saranno i veri personaggi di questa stralunata e “diabolica” lezione che riconosce i suoi numi tutelari nei virtuosismi umoristico-stilistici di Queneau, Perec, Marcello Marchesi, Flaiano e Campanile. Con ciò l’autore rende omaggio ai suoi maestri dichiarando, per contro, che nulla di quello che dirà o reciterà è farina dei suddetti.
Da “Il Gazzettino di Venezia”, Martedi 24 maggio 2005
In treno in tre no
Acrobazie dentro la parola Conclusa con successo la stagione del Circolo Artistico Venezia. Chiude con un “divertissement” verbale la stagione teatrale 2005 al Circolo Artistico di Venezia (palazzo delle Prigioni in Riva degli Schiavoni) che ha avuto in Federico Corda il direttore artistico. Una sua scelta, inconsueta per qualsiasi panorama teatrale, quella di invitare ad esibirsi (con testo e regia) Giuseppe Manfridi.
Che si conosceva in particolare per la sua attività di drammaturgo (60 i testi teatrali, da ricordare almeno quello de “I Venexiani” visto al Goldoni con la regia di De Fusco) e di sceneggiatore cinematografico (ad esempio del film “Vite strozzate” portato sullo schermo da Ricky Tognazzi).
Giuseppe Manfridi attore, dunque. Diciamo anche questo constatata la sua abilità di interprete dì quello che lui stesso chiama la elaborazione di un viaggio nelle pieghe del linguaggio e della parola per sondarne le infinite possibili magie, le ambiguità sulfuree e i mille giochi alchemici che se nepossono cavare”.
Vale a dire autentici “calambour” di un divertimento assoluto. Sonetti monoconsonantici, strofe elaborate con due sole lettere, palindromi di estensione innaturale, ipogrammi, anagrammi, inversioni di senso e infinite altre risorse ricavate sondando verbalmente il linguaggio di tutti i giorni. Già fatto intuire dal titolo dello spettacolo: In treno in tre no”.
Acrobatismo dentro la parola, la consonante, la singola lettera. La capacità di leggere al contrario una frase ottenendo lo stesso identico significato letterale: “Madam I’m Adam” ha esordito porgendo la mano, ossequioso, alle signore in prima fila. Usando anche per una immediata comprensione dei grandi candidi fogli di carta a mo’ di lavagna.
Dice di riconoscere come suoi numi tutelari Queneau, Perec, Marcello Marchesi, Flaiano e Campanile, con l’aggiunta di Eco, Calvino e del Rodari che dava lezione sui significati palesi e nascosti della parola (un gioco!) ai suoi ancora imberbi lettori. Dichiara però che tutto cio che concerne il suo repertorio è soltanto farina del proprio sacco.
Come partner al pianoforte c’è Antonio Di Pofi, musicista autore anche di colonne sonore di film (citiamo “La stazione” di Sergio Rubini), compositore di musiche di balletti fra cui “I due gentiluomini di Verona” per l’Arena della città scaligera. Perché i calambour possono essere eseguiti con lo stesso divertente esito attraverso una scelta di note.
Tra gli applausi Manfridi ha voluto chiudere in sintonia col tutto, insieme a Di Pofi, con uno scherzo verbale. Fingendo d’essere una donna chiede: “Che te ne pare di questo abitino che mi sono comprato oggi?”. “Volteggia un po’” dice l’altro, che poi conclude: “FINE”.
Piero Zanotto