Translating and performing Venice
E’ il titolo di un workshop o meglio ancora del risultato del lavoro svolto da un gruppo di studenti e docenti dell’Università di Ca’ Foscari che si è svolto venerdì 18 luglio alle ore 17 presso il teatro universitario. Un gruppo di turisti, di studenti alla ricerca di un hotel dal nome caratteristico e tipicamente veneziano: l’hotel Spritz. Così inizia questa performance che coinvolge un cospicuo numero di persone che all’inizio creano una bagarre, un immenso vociare sconnesso che sempre più si ode in Venezia, che mano, mano si placa. Gli attori/studenti si alzano dalla platea e ancora al buio si rivolgono al pubblico in una disperata richiesta d’informazioni in tutte le lingue e naturalmente mostrando l’onnipresente cartina topografica proprio come avviene spesso e volentieri nei contatti fra turisti e Veneziani. Poi salgono sul palcoscenico dove a piccoli gruppi comunicano, sempre in lingue diverse e anche nel nostro dialetto; commistione anche con la lirica. La preparazione dell’evento si è svolta in una settimana, per la stesura del testo, che si è costruito grazie anche ad interviste svolte dai ragazzi ai veneziani, si odono infatti durante lo spettacolo le voci fuori campo degli “autoctoni”. Le prove dello spettacolo sono durate solo due giorni; gli insegnanti hanno segnalato che i teatranti non erano dei professionisti ma dato il tempo a disposizione ritengo personalmente e l’ho detto, che il risultato finale avesse un’impronta professionale. A riscuotere gli applausi anche Oliver, la panca così ribattezzata affettuosamente dai ragazzi che ha fatto da oggetto di scena, da scenografia, oltre naturalmente alle proiezioni. A conclusione il professor Paolo Puppa, ordinario di storia del teatro a Ca’ Foscari e autore di numerosi testi teatrali, ha interpretato il monologo da lui scritto “La fine di Bragadin a Famagosta” prima in Inglese e poi in vernacolo, riportandoci con maestria e audacia interpretativa ad una dimensione del passato, a quella scrittura che anticipava la commedia della riforma di Carlo Goldoni e quella che la precedeva: quella dell’arte, delle maschere; uno stile tanto caro al Beolco, portando in scena tutto il travaglio interiore e la carnalità, non in senso sessuale ma sensuale, intendendo cioè il coinvolgimento di tutti i sensi che portano l’espressione di un popolo che vorrebbe ma non può più ribellarsi nel vedere la sua città in mano a all’invasore nemico ieri e all’invasore amico oggi. Complimenti quindi a tutti i ragazzi che hanno partecipato al progetto che ha coinvolto non solo Ca’ Foscari ma anche l’Università Statale di Milano, di Szeges (Ungheria) e Warwick (Gran Bretagna), ai docenti: Mariacristina Cavecchi, Maureen Freely, Anna Kerchy, Eliana Maestri, Larisa Cocic-Zambo, Loredana Polezzi, Paolo Puppa, Maggie Rose e grazie al direttore artistico del teatro Donatella Ventimiglia che ha concesso l’uso degli spazi permettendo così la realizzazione di un evento così interessante!
Federico Corda